Le parole di Papa Francesco mi risuonano forti, proprio in questi giorni, all\’inizio di questa settimana santa.
Non c\’è bisogno di essere credenti per vivere da santi questa settimana e fermarsi, restare sospesi, per un pò almeno e fare una verifica ma soprattutto per specchiarsi di fronte a ciò che di più bello avete sotto gli occhi e domandarsi cosa mi manca per essere felice ?
Papa Francesco sottolinea un verbo preciso, su cui sono dovuto \”stare\” per qualche giorno, per capirlo, per farlo mio. Papa Francesco scrive : sprecare.
Sul sito della Treccani sprecare è : Consumare senza discernimento, senza frutto o senza risultati adeguati; consumare eccessivamente e senza pro, sciupare, buttare via;
Sprecare è un verbo che adoperiamo solo quando parliamo di cose essenziali, come il pane, l\’acqua, il denaro, il tempo. Qualcosa di cui dobbiamo essere consapevoli per averne un uso giusto, adeguato.
Qualcosa che se non sprecato ci doni un senso, un significato, una ragione per andare avanti nella vita, procedere.
E allora perché la sofferenza, in modo particolare quella innocente, quella che viviamo così ingiusta dovrebbe essere qualcosa da non sprecare ?
Perché se nessuno può evitare il dolore, lo smarrimento e l\’esperienza del fallimento può, invece, riuscire a non piegarsi su se stesso, spezzare tutte le catene che lo paralizzano e fare di ciò che si è vissuto non una parte \”da vita di scarto\” ma vita piena.
Vita in cui diventiamo più consapevoli di come siamo, di cosa siamo e di come viviamo insieme agli altri.
Personalmente la sofferenza mi fa paura, affiorano ogni tanto alcuni pensieri che diventano zavorre, di fronte a certi sbagli adesso non posso più niente, ho però la certezza che la mia vita non è ancora finita, anzi è più significativa di prima, più densa di nuove parole e silenzi, più ricca.
Per crescere sotto questo aspetto così delicato e pur così essenziale per realizzarsi ho dovuto spostare il baricentro del mio focus dalla continua conferma che ricevevo dagli altri al processo di apprendimento, al desiderio di continuare a crescere.
Nel primo caso il fallimento è un macigno, siamo esposti in modo esagerato al giudizio altrui che se non dovesse confermare le mie doti mi conduce verso stati d\’animo di ansia, mortificazione, frustrazione.
Nel secondo caso il fallimento, pur scottando, è per chi vive il proprio focus sull\’apprendimento, solo un momento, una tappa, per migliorarsi, per continuare ad apprendere, per sfidarsi. Per essere persone migliori.
Il cambiamento è infatti automatico, appartiene alla naturale caducità della vita, il miglioramento personale no.
Dipende da noi. Dipende da te non sprecare la sofferenza e i nostri fallimenti.
Concordo in pieno Luigi vorrei che queste parole arrivassero ai ragazzi che stanno soffrendo delle limitazioni di questo momento. Perché non ti iscrivi a Tiktok e fai qualche breve video per loro?