Quando mai un processo di formazione avviene seguendo una traiettoria ideale?

Tratto da un articolo di Massimo Recalcati del 23 novembre 2020 su La Repubblica.
Da rileggere più volte la settimana e parlarne in famiglia per adoperarsi in una strategia educativa orientata a questa sagge e sapienti parole.
 
\”Quando mai un processo di formazione avviene seguendo una traiettoria ideale?
 
Chi si occupa a diverso titolo di formazione sa bene che quello che dà davvero forma alla nostra vita non è mai nell’ordine dell’ideale.
 
I maggiori effetti formativi si generano non a partire dai successi o dalle gratificazioni, dalle prestazioni mirabili o dalle affermazioni senza intoppi, ma dalle cadute, dai fallimenti, dalle sconfitte, dagli smarrimenti.
 
Ebbene non è quello che sta accadendo sotto il terribile magistero del Covid 19?
 
Il movimento proprio di ogni formazione riguarda innanzitutto la capacità di rispondere alla ferita e al trauma: come ci si rialza dopo essere caduti? Come si riparte, come si riprende il cammino dopo essersi smarriti?
 
I genitori contemporanei (ben prima del Covid) vorrebbero invece escludere per i loro figli l’esperienza dell’ostacolo e dell’impatto aspro con il reale, la sofferenza e la frustrazione.
 
Per questo essi oggi possono apprensivamente gridare al trauma, preoccuparsi di tutto il tempo irreversibilmente perduto dai loro figli, maledire le rinunce alle quali essi sono stati ingiustamente sottoposti.
 
Ma in questo modo correranno l’inevitabile rischio di vittimizzare i loro figli e una intera generazione.
 
Insegnare davanti ad uno schermo significa non indietreggiare di fronte alla necessità di trovare un nuovo adattamento imposto dalle avversità del reale testimoniando che la formazione non avviene mai sotto la garanzia dell’ideale, ma sempre controvento, con quello che c’è e non con quello che dovrebbe essere e non c’è.
 
Si tratta di una lezione nella lezione che i nostri figli dovrebbero fare propria evitando di reiterare a loro volta la lamentazione dei loro genitori.
 
Non ci sarà nessuna generazione Covid a meno che gli adulti e, soprattutto, gli educatori non insistano a pensarla e a nominarla così lasciando ai nostri ragazzi il beneficio torbido della vittima: quello di lamentarsi, magari per una vita intera, per le occasioni che gli sono state ingiustamente sottratte\”.

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